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martedì 30 ottobre 2012

VOGLIO ESSERE A TUTTI I COSTI UNA POP STAR



Robbie Williams: voglio essere a tutti i costi una pop star e non un cantante finito.

Esclusivo: Robbie Williams racconta a Metro la sua missione di scrivere la canzone pop perfetta e le sue speranze di rimanere sulla cresta dell’onda col nuovo album Take the Crown.

“Sono ossessionato… dalla musica pop, dall’essere una pop star e non un cantante che ha fatto il suo tempo”.
Robbie Williams rilascia interviste senza sosta nella sua suite-attico di un Hotel Mayfair.
Il 38enne cantante/showman di Stoke-on-Trent ha attraversato numerosi alti e basi e il suo corpo tutto tatuato si è fatto più muscoloso rispetto a come si presentava negli anni 90, quand’era ancora coi Take That. Ma la sua sete di successo non si è placata. I suoi occhi brillano quando dice di essere sulle spine per quanto riguarda il destino del suo nono album dalle sonorità spiccatamente pop, Take The Crown.
La fissazione di Robbie per la canzone pop perfetta (“croce e delizia”) è alimentata dalla sua duplice natura da performer sopra le righe e da appassionato di musica. Lo si nota lungo tutta la sua carriera da solista.
“Mi sono fatto un sacco di paranoie”, dice. “Nei primi album, la voce che emergeva dal coro era “sei una merda”, nonostante le centinaia di migliaia di persone che venivano a vedermi ai miei concerti.
Così ho pensato: “bene, è ora di darci un taglio e di fare qualcosa di totalmente diverso”.
Questo darci un taglio ha prodotto Rudebox (2006), un album un pò infelice. Infatti il suo settimo album fu ampiamente stroncato, nonostante contenesse alcune perle memorabili: She’s Madonna, nata dalla collaborazione coi Pet Shop Boys; la cover di Lovelight di Lewis Taylor, un classico della musica soul britannica.
'Io adoravo Rudebox”, dice. “Ma quando tutti hanno detto “no”, ho pensato “oh, ora non so proprio che fare…”
Dopo alcuni anni “selvaggi” passati volontariamente lontano dalle scene (trascorsi interessandosi morbosamente gli UFO), è stata la volta della rimpatriata col rivale di un tempo, Gary Barlow e i Take That. Il ragazzino che abbandonò la band nel 1995 ha dimostrato di essere una superstar nell’album Progress dei Take That e nel tour degli stadi del 2011. Robbie riconosce a Barlow & Co. i meriti della sua ritrovata autostima come artista solista.
“Coi ragazzi sono successe un sacco di cose. Quella più speciale è stata esserci chiariti riguardo al passato. Così, ho avuto i miei 27 minuti tutti per me in uno stadio, dove ho re-imparato a fare ciò che facevo. È stata una bella botta di vita.”
Take The Crown segue in modo esuberante Il suo album da solista del 2009, Reality Killed the Video Star, ed è frutto della collaborazione con due musicisti di Melbourne, Tim Metcalfe e Flynn Francis, e con Gary Barlow, co-autore del singolo di lancio, Candy.
“Penso di essere andato oltre al desiderio di fare qualcosa di veramente intellettuale”, dice, in modo non troppo convincente. “Sto anche accettando l’idea di essere una pop star un po’ attempata. Ricordo quando a 21 anni, vedendo George Michael, cha ha dieci anni in più di me, pensai: “si sta liberando un posto da star”. Quindi Harry Styles guardandomi penserà “ormai è in là con gli anni”.
Il debutto da solista di Williams, nel 1996, fu una fedele cover di Freedom, l’inno di George Michael; sarebbe curioso ascoltare la cover di Rock DJ di Harry un giorno o l’altro.
Il figliol prodigo di recente è anche diventato un padre orgoglioso. Sua moglie, l’attrice americana Ayda Field, ha dato alla luce sua figlia Teddy a settembre. Nonostante il lavoro da papà lo tenga occupato (“sono l’incaricato al cambio del pannolino con la pupù”, dice sorridendo), Robbie non si è distratto dalla sua missione.
“Continuo a controllare i commenti sotto il video di Candy su YouTube”, dice. “Ci sono 31.000 like e 1.200 dislike, questo vuol dire che ad una persona su trenta non piace e questo mi ossessiona.”
Di certo dovrebbe leggere qualcos’altro?
 “Beh, Metro è un altro fenomeno, non è vero? Ha una presenza online davvero notevole. Sta lavorando alla grande. Mi sembra che possa crescere ancora. È strano, ma ne sono orgoglioso. Metro sembra proprio in grado di farcela!”. E detto dal ragazzo che è diventato il re degli stadi…
Qual è il miglior superpotere che la musica pop gli ha dato? “Salire sul palco, fronteggiare le tue paure e la responsabilità che ognuno ripone su di te per la propria vita. Mi ammiro molto per questo”, dice in una fragorosa risata, “perché e terrificante ed esilarante”.
Williams ha conservato il suo charme del nord (tutto ciò che dice è accompagnato da una piccola gomitata o da un ammiccamento), ma non rinnega il fascino transoceanico di Take the Crown o la sua parlata strascicata. “Ho desiderato essere tante persone in tutti questi anni,” dice. “Da Elvis a Bernard Sumner a Neil Tennant, Jay-Z, Glenn Campell… Con tutti i grandiosi progetti di esibirmi negli stadi, cantare con l’accento di Stoke non sarebbe stato il massimo.”
Take the Crown si chiude con l’interessante Losers, un duetto con la cantante americana folk-rock Lissie, che vede Williams al tempo stesso lottare per fare ancora meglio ed essere tipicamente l’opposto.
“Ci sono due strade,” dice. “Una è quella che mi vede far uscire questo album e l’altra quella dove divento “questo tizio”. In quest’altra ho una canna in mano, una mazza da golf nell’altra e una barretta di cioccolato nella tasca dei pantaloni. E non so dove andrò a parare.”
Williams fa questa valutazione senza ansia, più con felice indecisione. Per ora, comunque, il suo sguardo non si distoglie dal titolo di sovrano del pop.

Metro uk

Grazie mille per la traduzione ad Antonella Salzano



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